

La loro bellezza e il loro sguardo fanno capire che non sono di questo mondo, ma condannati a restare sulla terra per le passioni che li hanno vinti. Parlano degli spazi infiniti, con rimpianto senza rimedio, illanguiditi dai sentimenti provati.
Gli Angeli di Giulio Bergonzoli si ispirano a quelli di Moore: hanno struggenti sentimenti e desideri, a metà tra l’umano e il trascendente. Sono presi da passioni terrene, dall’amore per la bellezza delle donne, rese ancora più belle da una bruciante ansia di conoscenza.
“Gli Amori degli Angeli” di Giulio Bergonzoli è uno dei marmi più famosi ed apprezzati nella seconda metà dell’Ottocento, celebrato lungamente nei decenni successivi alla sua prima apparizione all’Esposizione Universale di Parigi del 1868, che ha permesso di valutare la grande qualità dell’opera mettendola in relazione al gesso preparatorio conservato a Ravenna, ragionando sulla particolarità del tema iconografico trattato – desunto dai Canti orientali (1836) di Thomas Moore – e ricostruendo altresì la brevissima carriera del suo autore.
Gli Amori degli Angeli di Giulio Bergonzoli, 1864, marmo bianco. Enrico Gallerie d’Arte