

Achille, nacque dall’unione tra il mortale Peleo, re della Tessaglia, e la ninfa Teti. La ninfa, che desiderava rendere suo figlio immortale, lo immerse tre volte nel fiume infernale chiamato Stige. Le acque dello Stige rendevano invulnerabile qualsiasi essere vivente. Il bagno ebbe effetti sorprendenti, ma dato che Teti lasciò fuori dalle acque il tallone dal quale lo sorreggeva di fatto rimase il punto debole dell’Eroe.
Riguardo l’epilogo della storia, la questione è controversa. In una prima versione Achille avrebbe affrontato e ucciso Ettore in duello e Paride, mitico eroe di origine frigia, figlio di Priamo e di Ecuba, causa prima della guerra e della caduta di Troia, che intendeva vendicarsi, sfruttando il fatto che Achille fosse innamorato di Polissena, la figlia di Priamo, gli tese un tranello scrivendogli una falsa lettera d’amore in cui si indicava il luogo di un appuntamento. Ad attenderlo poi si presentò Paride che con il suo arco scoccò una freccia e lo colpì proprio nel tallone…da qui la famosa frase “ognuno di noi ha un tallone d’Achille” ad indicare il punto di debolezza che tutti quanti abbiamo. Il tallone d’Achille è un mito ancora oggi sulla bocca di tutti!
Un’altra versione, racconta che un oracolo profetizzò a Teti che Achille sarebbe rimasto ucciso durante una guerra che si sarebbe combattuta contro Troia. La madre decise di nascondere suo figlio presso la corte di Licomede, re si Sicro, ma quando i Greci proseguirono la loro guerra contro Troia, sotto consiglio dell’indovino Calcante, trovarono e uccisero Achille. Si dice che Teti supplicò più volte il Destino, affinché esso mutasse, ma il Destino propose due finali per la vita di Achille: o una vita lunga senza meriti o una morte gloriosa. Fu lo stesso Achille a decidere la seconda tragica ma eroica fine.
Girolamo Donnini
Teti immerge Achille nello Stige
188×256 cm in pratica grandezza al naturale
Inedito.
Girolamo Donnini è nativo di Correggio. Venne alla luce nel 1681 e sviluppò la sua arte pittorica in piena epoca barocca. La fedeltà nei confronti della linea della pittura bolognese che aveva in Guido Reni il proprio lontano modello dà luogo anche in questo caso a soluzioni di grande nobiltà e perfezione formale, secondo un gusto che si potrebbe quasi definire purista e che si rende poi riconoscibile grazie al caratteristico modo di piegare i panneggi in andamenti quasi cartacei.
Forti i contrasti chiaroscurali, le luci improvvise, figure policentriche, una pittura “illusionistica” che allarga lo spazio architettonico.