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Tagliente ed elegante, quasi astratto nella sua purezza: nelle ali una maestria che diventa interpretazione lirica, Damigella che si stira di Renato Brozzi, il “Cellini” del secolo, by GALLERIA GOMIERO per Modenantiquaria 2024!

Nel 1949 Francesco Sapori, dando alle stampe il suo memorabile testo sulla , inseriva fra le foto delle quattro sculture scelte a illustrazione dell’opera di Renato Brozzi, l’elegante , dedicandole due scatti, esattamente come alla realizzazione più celebre e celebrata dell’artista traversetolese: la “maravigliosa Cheli”, una gigantesca tartaruga in bronzo dorato inserita nella corazza dorsale dell’animale originario, portata a termine su commissione di Gabriele D’Annunzio nel 1925 e posta inizialmente a guardia della prima di essere solennemente collocata nell’allora Cenacolo dell’Angelo (che da lei prenderà il nome di ) nella nuova Casa del poeta, venuto ad insediarsi a Gardone, in seguito alla delusione del “Natale di sangue” del 1920. Insomma, una sorta di implicito omaggio a quest’opera affascinante e una certa sua qual consacrazione a livello alto: un dito puntato sulla qualità del mestiere del suo artefice e sul tipo di cultura ch’egli rappresentava.
Di un tal mestiere l’opera metteva in mostra quell’attitudine decorativa forbita e rifinita nei particolari, contro ogni suggestione bozzettistica, e quel virtuosismo raffinato ed aristocratico che trovava le sue radici in aulici modelli storici, soprattutto di ispirazione rinascimentale, alimentandosi al contempo dell’incredibile sapienza tecnica dell’artista, profondo conoscitore dei procedimenti di fusione, sbalzo e finitura a freddo dei metalli e di tutte le tecniche della scultura sperimentate durante il suo precoce apprendistato.

Appena quindicenne, infatti, Brozzi era stato collocato presso una fonderia artistica del paese, la “Giuseppe Baldi”, che produceva candelabri, lampade e casse di orologi, ornate con le decorazioni allora in voga. Nella fonderia, il giovanissimo artista era stato destinato alla lavorazione di rifinitura eseguita col cesello, attività più congeniale alla sua fragile costituzione, che gli aveva consentito di raggiungere in pochi anni vette di virtuosismo nella lavorazione dei metalli paragonabili a quelle dei più grandi artisti del Rinascimento, mercé quella ineguagliabile morbidezza di modellato che caratterizza la sua colta e particolarissima maniera, specie nella trattazione dei soggetti della sua ampia iconografia zoomorfa.

Aureolato nella sua splendente precocità dell’epiteto di “moderno Pisanello” o di “Cellini del secolo”, Brozzi andrà via via perdendo la fisionomia di rievocatore di modelli rinascimentali, inventandosi una sua libera aulicità che si atteggia ad antica ma è al di fuori di ogni imitazione, come nell’opera esposta, dove il fare tagliente, elegante, quasi astratto nella sua purezza, esibisce nel fremente spiegarsi delle ali una maestria che diventa interpretazione lirica.

Anche l’eccezionale padronanza delle tecniche orafe, come l’impiego della doratura a fuoco o al mercurio (procedimento complicato e raffinatissimo teso ad esaltare il nervoso modellato dei piumaggi assecondando suggestive soluzioni luministiche) andrà fondendo nel tempo la sensibilità cromatica dell’autore con il gusto della policromia, seguendo un indirizzo preciso del déco più sontuoso che ha nelle preziose realizzazioni di Mario Buccellati, “orafo eccellentissimo” di D’Annunzio, e soprattutto nell’ immaginifico bestiario di Alfredo Ravasco, le punte di eccellenza di uno specifico orientamento.

Sotto il tornire levigante della luce, che accentua l’armonia preziosa e intensa di un tonalismo dolcemente scolpito di chiaroscuro, l’artista volge in alchemiche eleganze i toni luminosi dei metalli con le screziature di onici e agate, le venature delle verdi malachiti o del lapislazzuli dall’intenso colore azzurro oltremare, sempre impiegato in opere di committenza importante, come doveva certamente essere questa importante scultura.

RENATO BROZZI (Traversetolo, 1885-1963)
Damigella che si stira, 1941
argento dorato su base in lapislazzuli, h 28 x l 48 x p 25 cm
firmato e datato nella base «R. BROZZI 1941»
Bibliografia: F. Sapori, Scultura italiana moderna, Roma, Libreria dello Stato, 1949, p. 258